inGiappone

settembre 26, 2008

Scuola in Giappone (2): insegnanti

Mi piacerebbe parlare un po’ dei contenuti “umani” della scuola in Giappone, ho rimandato a lungo questo post perche’ so che richiedera’ diverso tempo, e probabilmente pubblichero’ il post in due puntate.

Stavo riflettendo che degli edifici decenti sono diffusi un po’ovunque nei paesi del primo mondo <il che ovviamente non include l’Italia> e che in effetti la cosa che piu’ colpisce in assoluto non sono gli edifici ma le persone che li abitano. Per ora, qualche nota sugli insegnanti, motore della poderosa macchina che e’ la scuola giapponese.

La mia classe! (notare che sono le 5 e mezza e che sono ancora praticamente tutti a scuola, nonostante le lezioni siano finite da un'ora e mezza)

La mia classe! (notare dalle borse ancora appese ai banchi che sono le 5 e mezza e che sono ancora praticamente tutti a scuola, nonostante le lezioni siano finite da un'ora e mezza; notare anche che hanno QUATTRO cancellini che non fanno sporcare le mani solo sulla lavagna principale, più tre in quella secondaria, che non è presente nella foto; notare anche i banchi, vetusti ma integerrimi, il cartellone che invita a "Sognare, credere e sopravvivere", lo stile "fashion" del tubo per aria condionata e stufa, la bibliotechetta sulla sinistra, lo schermo per le proiezioni e due delle quattro bacheche)

Gli insegnanti giapponesi non hanno un orario di lavoro: o meglio, probabilmente ce l’hanno, ma non lo rispettano, nel senso che si possono ammirare al lavoro a tutte le ore. Non importa che siano le 7 di mattina oppure le 8 di sera, che vi aggiriate per la scuola brancolando nel buio alla ricerca del vostro portafogli (ehm…) oppure che abbiate messo la sveglia un’ora prima per vedere se c’era gia’ qualcuno (e questa merita un approfondimento… nel prossimo post), oppure se sia sabato, quando la scuola e chiusa, e voi passate soltanto davanti all’edificio: qualcuno è sempre lì, a correggere compiti in classe, oppure quaderni o “quadernini di ripasso” (i cosiddetti 予習ノート ”yoshuu nooto”, che in pratica sono libri di esercizi che gli insegnanti correggono periodicamente), a preparare le lezioni o a ripassare gli ideogrammi (già, anche i sensei devono ripassare periodicamente, soprattutto quelli di “storia del mondo” e letteratura giapponese antica), oppure a fare attività oscure che a noi esseri umani resteranno per sempre sconosciute. In ogni caso, sembra che la loro vita si identifichi con la scuola ad un buon livello: anche quando non sono a scuola, partecipano a riunioni, feste, festicciole, spettacoli di tamburo giapponese, raccolte di beneficenza, nelle quali saranno invariabilmente presenti anche alunni ed insegnanti: sono sempre così immersi nella vita scolastica e parascolastica che mi viene da chiedermi se ne abbiano una loro, il che mette di fronte a retroscena quantomeno tristi, quando non addirittura inquietanti.

L’impegno che profondono nella scuola è a dir poco stupefacente: ogni lezione è preparata con la massima cura, corredata da fotocopie (un mare di fotocopie, tanto che ho dovuto comprare degli organizer per non perdermele tutte ogni volta) che riassumono gli argomenti trattati, tabelle di marcia, test fai-da-te et similia, il tutto corredato da frasi del tipo “tieni duro” oppure “ogni errore è un altro passo verso la perfezione” o ancora “ogni giorno ci dona i suoi regali”, il che è davvero giapponese. (^_^) Ciò che comunque mi ha lasciato letteralmente di stucco è il fatto che ogni insegnante sappia vita morte e miracoli dei suoi alunni, dei professori della scuola e di quelli di metà del circondario (l’altra metà del circondario li conoscono solo di vista). Tanto per fare un esempio: iscrivendomi al 2° livello dell’esame di giapponese, la mia città mi ha “concesso” un’insegnante gratuita, con cui ho lezione due ore a settimana il giovedì. Ebbene, nonostante io non abbia detto nulla di tutto ciò al mio professore di riferimento – che è di inglese, e che si occupa del mio inserimento a scuola (ancora, molto giapponese: lo vedo tutte le mattine e mi fa una panoramica degli impegni della giornata, della settimana, obiettivi a lungo termine, scadenze eccetera…) – il giovedì pomeriggio, mentre ero ancora a scuola, si avvicina e mi dice: “Per oggi forse con le pulizie può bastare, non hai lezione di giapponese? Rischi di fare tardi”. Al che io, guardandolo come se fosse un’agenda parlante, sono rimasto di stucco, e mi sono che, probabilmente, è vero che per uno straniero, in Giappone, non esiste mossa che non lasci traccia. In conclusione, mi sento osservato!
La cosa che mi consola è che non sono io il solo: le attività di tutti sono a conoscenza degli insegnanti. Se Tizio è iscritto ad un club, se Caio va alla maratona di beneficenza, se l’altroieri Tizia è stata al “tii paatii” (per i non-katakana-speakers, tea party) organizzato dall’orfanatrofio per bambini sordi oppure alla raccolta straordinaria di rifiuti ingombranti, è sicuro che un professore sappia vita morte e miracoli degli organizzatori e che, anzi, abbia fatto proprio lui sì che l’alunno partecipasse, il che richiederà in seguito, da parte degli alunni, noiosi (per non dire di peggio) resoconti scritti in giapponese formale, oppure sinceri ringraziamenti.
Ecco, se non si fosse ancora capito, lo esplicito ancora di più: la scuola giapponese è invischiante. Non c’è modo per un alunno di tirarsi fuore dalle sue tentacolari protuberanze: prima o poi, per un incauto “interessante” oppure “ci sto riflettendo”, resterà sicuramente intrappolato in qualche iniziativa del tipo “caccia al tesoro su trama Detective Conan” oppure “aiutiamo la natura (ovvero: raccogliete rifiuti, se riuscite a trovarli…)”.

Domani, le differenze che ho notato nel rapporto tra studenti ed insegnanti.
Oyasumi!
Marco

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